Questo strumento, raffigurato nella tavola III (fig. 57) del volume III - parte I del Trattato dello Zantedeschi, era un elettroscopio particolare, dotato di grande sensibilità, il cui funzionamento si basava sulle cosiddette pile a secco. Rispetto agli elettroscopi ordinari vi erano due differenze sostanziali. La prima è la presenza di due pile secche montate con i poli contrapposti (queste possono traslare per essere avvicinate tra di loro). La seconda è che all'asta che usciva dall'involucro di vetro si montava una sola fogliolina d'oro (andata perduta) anziché due. Un simile dispositivo fu inventato nel 1815 da Johann G. F. von Bohnenberger (1765-1831), tant'è che simili strumenti circolavano all'epoca col nome di elettrometri di Bohnenberger.
In presenza di un corpo elettrizzato, la fogliolina d'oro si caricava (per induzione o per contatto) e veniva respinta dal polo di una pila secca e attratta da quello dell'altra. La sensibilità dello strumento poteva essere incrementata avvicinando le pile alla lamina, cosicché si riusciva a rilevare anche cariche molto deboli. Il secondo esemplare (Nº 231) datato 1859 fu trasformato in un elettroscopio alla Bennet (cioè a due foglie d'oro).