Elettromagnetismo - elettrochimica - voltametri
Voltametro di Bertrand
SCHEDA TECNICA
INVENTARISTATO
Voltametro di Bertrand
Voltametro Bertrand
Voltametro di Bertrand
1818Nº //
1838Nº //
P.A.Nº //
1870563
1925a330
2016597
Completo
Danneggiato
Funzionante P
Dimensioni
MATERIALI: rame, platino, legno, vetro
BIBLIOGRAFIA & PRESTITI
DATABASE
Datazione: agosto 1887
Nel Museo A. M. Traversi - Vetrina P
Descrizione          Funzionamento: spiegazione - verifica          Testi&Curiosità


Immagine, Malfi, © D 2016
Fonti
Besso B. (1875) Vol. 3, pag. 92, fig. 101
Cazin A. (1881) pag. 4, fig. 1
Colson R. (1885) pag. 17, fig. 5
Daguin P. A. (1863) pag. 545, fig. 549
Desbeaux E. (1892) pag. 353, fig. 276
Despretz C. (1832) pag. 460, Tav. 9, fig. 256
Felice M. (1887/90) Vol. 2, pag. 212, fig. 85
Galileo Officine (1929) pag. 200, fig. 5479
Joubert J. (1889) pag. 138, fig. 103
Magrini R. (1940) pag. 294, fig. N1157
Milani G. (1869) Vol. 6, pag. 49, fig. 25
Perucca E. (1937) Vol. 2, pag. 643, fig. 745
Premoli P. (1904) Vol. 1, pag. 328, fig. 481
Privat Deschanel A. (1890) pag. 627, fig. 568
Resti E. (1930) pag. 83, fig. 415
 

Questo strumento per l'elettrolisi dell'acqua è stato ritrovato nel marzo 2001, insieme ad un altro esemplare più antico (Voltametro) e ad altri apparati di fisica e di chimica, a seguito dello sgombero di un locale adibito a magazzino per fornire agli studenti un luogo attrezzato con una serie di armadietti. Una volta pulito (Malfi, marzo 2001), rumuovendo la polvere, le incrostazioni sul vetro e il tenace strato di ossido che copriva le superfici metalliche sia di rame che d'ottone, si è proceduto a verificarne il funzionamento (Malfi, 10 febbraio 2003), operazione conclusasi con esito positivo.

Lo strumento è composto da una base in legno munita di tre piedi, sempre in legno e dalla forma sferica, sulla quale si appoggia una vasca di vetro che costituisce l'apparato vero e proprio per effettuare l'elettrolisi dell'acqua. Il disco di legno sorregge un'asta d'ottone la cui funzione è quella di sostenere un dispositivo a doppia pinza in ottone che si fissa ad essa per mezzo di una vite di bloccaggio che ne impedisce il libero scorrimento. Il compito di questo elemento e quello di tenere in posizione le due provette (assenti in figura) che raccolgono i gas (idrogeno e ossigeno) che si sviluppano agli elettrodi quando lo strumento è in funzione. Sempre sulla base di legno sono presenti due elementi cilindrici d'ottone dotati ciascuno di due viti. Si tratta dei terminali elettrici del circuito presente nello struemento. Essi servono infatti per il collegamento della cella elettrolitica alla pila che eroga la corrente elettrica necessaria al funzionamento dell'apparecchio.

Il vaso di vetro presenta in corrispondenza del fondo e a breve distanza tra loro due cortissime punte di platino: sono gli elettrodi della cella elettrolitica. Le punte trapassano il fondo di vetro da parte a parte e presentano un allarganento circolare in stagno ad esse saldato di diametro all'incirca uguale a quello delle provette di vetro e che si appoggia al fondo del contenitore. Le punte terminano con una filettatura su cui si innesta un bullone in rame, il cui scopo è quello di tenere in posizione per ciascun elettrodo il filo di rame che collega ciascun elettrodo al terminali elettrici dell'apparecchio.

Per verificare se lo strumento è ancora in grado di funzionare, una volta riempita la vasca con acqua leggermente acidificata con qualche goccia di acido solforico (si aggiunge quest'acido, adesso come all'epoca, in quanto esso non va ad alterare l'ordine di scarica agli elettrodi ed inoltre non rovina gli elettrodi come farebbero i sali più comuni), si sono collegati i terminali elettrici dell'apparecchio ad una pila elettrica formata da due pile da 4,5 V disposte in serie. Con una tensione di circa 9 V tra gli elettrodi, si è potuto notare lo sviluppo di idrogeno in corrispondenza del catodo della cella o prendere atto che la fessura che coinvolge il fondo del vaso di vetro e in parte la sua superficie laterale lascia trafilare soluzione. Ciò compromette in parte la piena funzionalità dello strumento. Si osserva inoltre che, poiché si è deciso di non pulire a fondo gli elettrodi per non rovinarli, lo sviluppo d'ossigeno all'anodo è assai limitato. Del resto lo sviluppo di ossigeno sull'elettrodo positivo con "meno perdite possibili" è la parte più difficile da realizzare quando si effettua questo esperimento anche con gli elettrodi puliti e quindi a maggior ragione con gli elettrodi incrostati. Ne segue che è inutile provare con questo strumento ad eseguire un esperimento quantitativo sullo sviluppo di gas, poiché si otterrebbe molto più idrogeno del dovuto ovvero si avrebbe un eccesso di idrogeno rispetto al rapporto stechiometrico sancito dalla formula H2O dell'acqua.